Confidenza by Domenico Starnone

Confidenza by Domenico Starnone

autore:Domenico Starnone
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2019-11-20T13:00:00+00:00


19.

Filai verso l’albergo, passo svelto, mani in tasca, sarebbe stato difficile giustificarsi con Tilde. Ma dubitavo che stesse dormendo e la desideravo, l’avevo desiderata tutto il giorno, anche se era difficile dire se fosse un desiderio mio autonomo o derivato dalla certezza che lei mi voleva e che mi stava aspettando. Le giocose minacce di Teresa non mi avevano fatto cambiare idea. Desiderare una donna anche se sei sposato non è una malvagità. Teresa semplicemente aveva giostrato un po’ con le parole, aveva usato il piccolo adulterio che stava per compiersi dopo anni di fedeltà come un esempio, tanto per conversare. Alla fin fine cosa aveva voluto suggerirmi? Aveva voluto suggerirmi che, per via delle cose che ci eravamo confessati, sia io che lei tendevamo a considerarci cattivi. Ma la piega che avevano preso le nostre vite diceva esattamente il contrario: noi, in questo brutto mondo, eravamo i buoni. Solo che, a differenza degli altri buoni, sapevamo di poter diventare cattivi, lo sapevamo cosí bene che per un’onestà innata ci eravamo messi noi stessi nella categoria dei cattivi e credevamo adesso che la nostra bontà fosse una finzione. Invece non fingevamo affatto, eravamo veramente buoni, buoni che occasionalmente potevano fare brutte cose. Questo perché la vita è terribile ed esporsi a essa è un rischio permanente. Ma il male che potevamo fare noi buoni era sempre poca roba, diosanto, in confronto a quello che sono capaci di fare i cattivi. Certo, il male è sempre male. Eppure anche solo pensare una proposizione di questo tipo – il male è il male, senza attenuanti – non significava che ci muovevamo dentro al sistema della bontà? Bisognava aspirare alla inflessibile gelida perfezione per sentirsi cattivi al minimo sgarro. Ma diventare adulti – mi dissi – è di fatto rinunciare a essere perfetti. Sicché, sí, il matrimonio etico, bella conversazione affettuosa, bel gioco. Io però, adesso, volevo a tutti i costi concludere la serata svestendo lentamente Tilde dei suoi indumenti intimi. Me li sentivo già sotto le mani come stoffe tiepide e insieme un po’ umide, panni su cui è appena passato il ferro da stiro rovente.

Entrai in albergo trafelato, lei era nella hall, seduta a gambe accavallate in una poltrona dall’intelaiatura dorata, stava leggendo qualcuna delle bozze che si portava sempre dietro.

– Ha telefonato tua moglie due volte, – disse. – Poiché le hanno detto che non eri in albergo, alla terza ha chiesto di me.

– Scusami, mi hanno trattenuto.

– Non ti devi giustificare con me, ti devi giustificare con lei. Le ho detto che il dibattito è andato per le lunghe e si è protratto anche dopo la chiusura della libreria.

– Le telefono.

– Ti aspetto.

– Hai cenato?

– Da un’ora. Tu?

– Io no.

– Ti faccio fare un toast?

– Grazie.

Corsi a telefonare a Nadia, mi rispose con la voce che aveva quando per qualche motivo la tiravo fuori dal sonno.

– Perché mi hai telefonato, che ora è?

– Le undici e dieci.

– Lo sai che a quest’ora dormo.

– Volevo dirti che è andato tutto bene.



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